Oggi è l’ultimo giorno di maggio 2015. Stasera potremo strappare un’altra pagina del calendario. Ci ho pensato prima di scrivere questo post, non mi piacciono le ricorrenze e gli anniversari, ma era l’ultimo giorno a disposizione e così ho deciso di “ricordare” Pizzino. Sì, perché nel maggio 2005 veniva pubblicato il primo numero della rivista di satira “Pizzino”, sottotitolo “Un mese di satira, spamming con sarde e affucanotizie”.
Una rivista in qualche modo nuova, per taglio editoriale, formato, contenuti, e grafica, curata dall’ottimo Leonardo Vaccaro. Oltre a me e Leonardo, a progettare ed iniziare quell’avventura c’era anche Francesco Di Pasquale. Un trio di trentenni squattrinati e senza nessuna voglia di arricchirsi. Nei due anni e passa in cui siamo andati avanti (l’ultimo numero risale all’estate 2007), la rivista si è fatta conoscere in Italia e in Europa, non ha mai ricevuto un euro di pubblicità o di sovvenzioni e ha riunito attorno a sé alcune delle migliori matite e penne di questo sgangherato paese. Dentro Pizzino si sono trovati, tra gli altri, Mauro Biani, Massimo Bucchi, Andrea Camilleri, Nicola Cavallaro, Gianluca Costantini, Sebino Dispenza, Giorgio Franzaroli, Valeria Fici, Massimo Gariano, Kanjano e Ferro, Alfonso Leto, Sergio Nazzaro, Antonio Norato, Johnny Palomba, Marco Pinna, Filippo Ricca, Giacomo Sferlazzo, Sergio Staino, Vincino …
Insomma, è stata una bella avventura, nel nostro piccolo abbiamo dato una spinta a quell’editoria satirica che in Italia era agonizzante (unico a resistere era il Vernacoliere dell’ottimo Mario Cardinali), dalle nostre ceneri è poi nato il settimanale satirico Emme, pubblicato dall’Unità. Insomma, per 4 o 5 anni almeno, come gruppo abbiamo cercato di dare una possibilità alla satira su carta e al pensiero critico non politicamente corretto. Con Pizzino poi abbiamo vinto un po’ di premi, compresa la 34° edizione del premio internazionale di Forte dei Marmi nel 2006, come migliore rivista satirica pubblicata in Italia. Una cosa che non era mai successa per una rivista siciliana. La motivazione era questa: “Una risata li seppellirà? Forse no, ma se il pizzo e i pizzini dei boss finiranno nel dimenticatoio un po’ di merito l’avranno anche quelli di Pizzino, rivista palermitana di satira che affronta a spron battuto temi caldissimi, soprattutto per la Sicilia. E lo fa con la convinzione che solo suscitando indignazione e rabbia si possa rompere ogni tabù, e guardare ad un futuro migliore. Senza banalizzare, senza usare perifrasi, e senza paura”. La giuria, della quale faceva parte anche il grande Edmondo Berselli, ha sicuramente esagerato. Non credo che Pizzino possa avere avuto dei meriti, la mafia è ancora fortissima anche se non si parla quasi più di pizzini e se si sono fatti enormi passi avanti nella lotta contro il pizzo. In fondo era solo un’operazione culturale non assistita da denaro pubblico o sponsor privati, senza padrini né padroni. Praticamente un’eresia ambulante. Non è un caso che i quotidiani e i “grandi” media siciliani evitavano di parlarne, ricordo addirittura un giornalista che mi disse papale papale che loro seguivano “un’altra linea”. Però i nazionali e all’estero ne parlavano (l’articolo pubblicato su “Lo specchio de La Stampa” è una delle testimonianze).
Qualche libreria a Palermo e non solo a distanza di anni teneva ancora qualche poster attaccato alle pareti. Di tanto in tanto c’è chi chiede che l’esperienza venga ripresa o che si faccia un volume per il decennale. Ho forti dubbi. Se Pizzino è finito nel dimenticatoio un motivo ci sarà ed bene che sia così. In fondo ha fatto il suo sporco lavoro. O no?
Gianpiero Caldarella