Cinghiali e politici. Un’immunità da favola

I paesi si spopolavano mentre loro prolificavano. Giovani lavoratrici e lavoratori emigravano verso il nord del Paese e poi verso altri Paesi europei. In quella terra ormai non nascevano quasi più bambini, mentre loro prolificavano a più non posso e scorazzavano per campagne non più coltivate e strade ormai dissestate.

I giudici non potevano nulla contro di loro, non c’erano le leggi adatte per fermarli. I cittadini da decenni si lamentavano della situazione ma tutto restava immobile. Tranne loro che si muovevano parecchio. A poco a poco esploravano porzioni di territorio sempre più vaste e se ne impadronivano. Aumentavano sempre di più e mangiavano, mangiavano, mangiavano tutto quello che trovavano. Dove passavano loro non cresceva più neanche l’erba, perché non solo masticavano tutto quello che trovavano in superficie, fottendosi il presente, ma scavavano per trovare quello che era sotterrato, per rubare il futuro alle radici che sarebbero potute diventare delle rigogliose piante. Avevano la pelle dura e il pelo sullo stomaco. Qualcuno veniva tolto di mezzo perché sconfinava o faceva qualche passo falso, ma questo “sacrificio” era tollerato dalla loro comunità come se fosse una giusta tangente da pagare per poter garantire a tutti gli altri di scorazzare indisturbati. In fin dei conti, da decenni erano considerati degli intoccabili e sebbene qualcuno avesse proposto la discesa in campo di numerosi lupi di Cantone, che sarebbero stati i loro predatori naturali, loro sapevano benissimo che questa proposta sarebbe caduta nel vuoto. I lupi in fondo facevano più paura di loro.

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Stavolta però c’era scappato il morto, non si trattava più di una coltura rovinata o di un ferito lieve.

Così, a furor di popolo, venne emanata una legge dal titolo: “Abolizione dell’immunità ai cinghiali”. Ma, come sempre succede in quel Paese, fatta la legge si trova l’inganno. Il più saggio di loro convocò il consiglio supremo sotto la grande quercia e disse: “signori miei, qui si mette male, dovremmo imparare dagli uomini come regolare questo tipo di questioni. Vi dirò di più, dovremmo imparare dai più astuti fra gli uomini, da quelli che si fanno chiamare ‘politici’. Loro l’immunità non l’hanno mai persa. Da oggi in poi anche noi ci faremo chiamare ‘politici’ e cercheremo di cambiare tutto per non cambiare nulla”. Così fecero, intanto i cittadini si dimenticarono dell’emergenza e loro continuarono a scorazzare famelici e contenti.

Gianpiero Caldarella