In evidenza

Houston, abbiamo un Matteo, anzi due

Se la Russia tanto cara a Salvini spaventava i nostri alleati d’oltreoceano, la “rinascimentale” Arabia Saudita tanto cara a Renzi di certo non entusiasma il nuovo presidente Biden. I suoi consiglieri staranno ancora lì a chiedersi che c’azzecca Riad con Rignano.

Non ci vuole molto a capire che qualcosa non va. Del resto, lo stesso Matteo Renzi, in un’intervista andata in onda su La7 a “Non è l’Arena” il 22 settembre 2019, diceva con estrema lucidità che “Salvini è stato un po’ strano nell’ultimo periodo: non spiegava questa storia dei rapporti coi russi, questo non è un problema legato alla presunta tangente richiesta da questo signore che si chiama Savoini, il punto è che questi rapporti politicamente spostano l’Italia nell’orbita della Russia.”

Ragionamento che non fa una grinza. Neanche se cambiamo la parola “Russia” con “Arabia Saudita”. Un problema di geopolitica, dunque, di orbite che sfuggono anche alla Nasa e non solo una questione di petrodollari o rubli. 

Batti e ribatti, i due Mattei rischiano di ricordare agli USA un altro momento in cui l’Italia rischiava di dare seriamente fastidio oltreoceano. Siamo verso la fine degli anni ’50 e i primi anni ’60. Enrico Mattei (sarà un segno del destino) con i suoi accordi per l’estrazione di petrolio in zone del pianeta che fino ad allora erano esclusivo appannaggio delle compagnie petrolifere americane, stava dando non poco fastidio agli interessi a stelle e strisce. Sappiamo come andò a finire. Ma lì l’obbiettivo era percepibile e di lungo periodo, si trattava di far entrare l’Italia nel club delle nazioni che contano sul piano energetico, di limitarne la dipendenza, di restituirle (qualora l’avesse mai avuta) una “sovranità”. E adesso?

Siamo sicuri che i due Mattei stiano facendo il gioco dell’Italia come invece lo fece a suo tempo Enrico Mattei oppure c’è il rischio che stiano facendo uscire il Paese dalle orbite solo per qualche dollaro o rublo in più da usare per le prossime campagne elettorali? Certo, gli zii d’America non sono più generosi come una volta, ma gli zii di Riad o di Mosca non rischiano di metterci in una posizione d’imbarazzo? Qualcuno ha ancora memoria degli endorsements di Berlusconi a Gheddafi? Ma almeno, al di là delle appariscenti amazzoni, in Libia c’erano forti interessi italiani da difendere. E poi, a dirla tutta, se gli interessi della Russia sono chiari ormai da anni, quelli della rampante Arabia Saudita sono ancora opachi e se lì le politiche del lavoro possono apparire brillanti a qualcuno, non bisogna dimenticare che anche i giornalisti sono dei lavoratori e quando vengono ammazzati il loro sangue non ha sfumature rinascimentali.

Neanche se questo sangue lo guardi dalla Luna.

Houston, abbiamo un problema.

Gianpiero Caldarella

La salvezza. Il Palermo calcio e il governo Renzi

Il Palermo lottava per la salvezza e ce l’ha fatta. Bravi! Il governo Renzi sta ancora lottando per la salvezza delle classi dirigenti di questo Paese. In fondo anche le battaglie politiche sono una sorta di campionato. Anzi, il calcio come metafora è ormai diventato un cliché del linguaggio della politica. Si fa di tutto per far vincere IL PAESE, come se alla fine nel grande stadio della politica potessero esserci solo vincitori e mai dei vinti. Nessun Carpi che retrocede. La felicità promessa è un pacchetto regalo. Anzi un pacco! Se vincono queste classi dirigenti che ci hanno portato allo sfascio e di conseguenza se vince il modello di sviluppo dominante, fondato sulla corruzione, a perdere saranno tutti quelli che in questi anni hanno pagato per la loro correttezza, per non aver voluto arricchirsi a tutti i costi. Voluto, non potuto. Differenza fondamentale. Quelli che non hanno potuto, che hanno solo raccolto le briciole, sono ancora lì a sperare nella “salvezza”.

Eppure, retrocessione e promozione, dovrebbero essere viste come le due facce della democrazia. Senza alternanza la democrazia è una parola vuota. 50 anni di democrazia cristiana (e di consociativismo) dovrebbero avercelo insegnato. Quanti sostengono che senza il PD -e Renzi- alla guida del Paese, andremmo verso la catastrofe, hanno una strana idea della democrazia. E non vale a nulla definirsi “democratici”, così come non vale nulla definirsi “antimafiosi” se poi ci si ritrova costantemente in posizione di fuorigioco. Anche se nessun arbitro dovesse fischiare il fallo. Se proprio si vuole vincere a tutti i costi, si può anche evitare la “pupiata” di scendere in campo di tanto in tanto. Si può vincere a tavolino. Il Palermo ieri sera ha vinto sul campo, e dopo una stagione di amarezze per i tifosi, lo stadio era pieno e già nel pomeriggio in città si vedevano tifosi vestiti di rosanero che camminavano impazienti verso lo stadio.gazzetta Continua a leggere

Tempa Rossa e la Primula Rossa. Affinità e divergenze fra Matteo Renzi e Matteo Messina Denaro.

“Quello di Tempa Rossa è un provvedimento giusto, vorrei che fosse chiaro agli italiani, perché porta posti di lavoro al sud”. Lo dice Matteo Renzi. Ragionamento semplice, liscio liscio, avrebbe potuto farlo anche Matteo Messina Denaro. In fondo anche lui da decenni porta posti di lavoro al sud. Ma a che prezzo? Priolo, Gela o Taranto meritavano questo modello di sviluppo? I disastri ambientali sono inevitabili come i disastri nella gestione dei beni confiscati?

Matteo-Messina-DenaroPerché, con tutta l’esperienza dei decenni passati, si insiste col martoriare il sud? Al ganzo Matteo non gli garberebbe una bella raffineria di petrolio vicino Firenze? Se il sud va sempre più a fondo è anche perché le aziende confiscate alla mafia non si bonificano, si lasciano marcire. Esattamente come i territori impestati da questi modelli di sviluppo cancerogeni.

Gianpiero Caldarella