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Isnello: vinta la guerra contro la fava libera

Il Vernacoliere”, storico giornale di satira livornese, ci avrebbe fatto un bel titolo.

Già perché a Livorno quando si parla di “fava” si intende qualcosa che poco ha che fare con il verde. Ne consegue che a Livorno nessuno penserebbe di esibire la fava all’aperto, se non altro per senso del pudore.

La locandina de “Il Vernacoliere”, agosto 2013 (testi di Mario Cardinali)

Un migliaio di chilometri più in giù, in Sicilia, ad Isnello, a un cittadino viene in mente di piantare le fave in un tratto di verde, a ridosso di un marciapiede, lungo la via Falcone e Borsellino.

Arriva il mese di aprile e quelle piante crescono rigogliose, gli anziani e non solo si fermano a guardare i baccelli che crescono, la “novità”, per quanto inaspettata e singolare, piace a tanti residenti e visitatori. In fondo si tratta solo di una piccola aiuola di una decina di metri quadrati e un po’ di fave sparse lungo un piccolo corridoio di una ventina di metri dove crescono le erbacce.

Ancora un mese e sarebbero diventate delle fave belle e pronte, non certo ad uso di chi le ha piantate, ma di chiunque le volesse raccogliere.

Poi succede che qualche giorno prima di Pasqua, nella settimana santa, gli operai comunali vengono inviati, zappa alla mano, ad estirpare quelle fave che crescono in libertà. Certo, qualcuno potrebbe pensare che è arrivato il momento di pulire il viale dalle erbacce e che anche le fave siano state sacrificate per questo motivo.

E invece no.

L’aiuola dove c’erano solo le fave viene ripulita del tutto e lungo lo stretto pezzo di terra dove le fave crescevano in mezzo alle erbacce, ad una ad una viene tolta ogni piantina di fava.

Povera fava!

Risultato: le erbacce rimangono sempre, tanto che alcune panchine stanno per essere ricoperte ma la “fava” è stata eliminata. Chi vuole può immaginare la grande soddisfazione di chi ha impartito l’ordine di estirparle. Un motivo di orgoglio per l’amministrazione e una gran lezione per la comunità: “ricordatevi di Attila che dove passava lui non cresceva più neanche l’erba, figuriamoci la fava”.

Chi comanda non può permettersi tentennamenti e così la crociata contro la fava libera è stata finalmente conclusa con successo. Ora proviamo ad immaginare quale fastidio davano quelle fave.

Entravano in competizione con le tante piante “invasate” e riposte alla son façon lungo il viale in contenitori di fortuna? Danneggiavano il decoro di qualche decina di metri quadrati di terra più o meno abbandonata togliendo visibilità alle erbacce? Era necessario dare una “lezione di giardinaggio” a chi le aveva piantate? È scoppiata un’epidemia di favismo a Isnello? Non erano state piantate con i filari in linea e a squadra come si conviene a un buon agricoltore?

Certo, le domande possono essere tante e le risposte ancora di più ma il risultato è che la povera fava è stata punita a forza di zappa, che a volte il manganello fa meno male.

Per i prossimi fiori che pianteranno, gli esperti consigliano di innaffiarli con olio di ricino.

Quello che è fatto è fatto. Non abbia rimpianti chi ha deciso di fare la guerra alla fava libera a Isnello e non se la prenda se nessuno lo ha osannato visto che la geografia non ha aiutato.

Magari fossimo stati a Livorno e allora ci sarebbero stati scroscianti applausi da parte dei moralizzatori.

Però siamo in Sicilia e qui l’ossessione per la fava si fa fatica a comprenderla.

Ma siamo uomini di mondo, prima o poi capiremo il “ragionamento” che c’era dietro.

Foss’anche un ragionamento a testa di fava.

Gianpiero Caldarella