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Il Fly Eye insegna: il Parco delle Madonie andrebbe abolito

Cari madoniti, diciamolo chiaramente: il Parco delle Madonie andrebbe abolito senza tante discussioni. Che senso ha mantenere dei vincoli ambientali solo per chi ci vive, quando i Comuni in primis, non fanno altro che promuovere politiche di devastazione ambientale? Progetti di funivia tra Campofelice e Piano Battaglia, progetti di ponti sospesi, panchine giganti, colate di cemento in aree protette e tutto in nome di uno sviluppo turistico senza capo né coda.

Programmazione zero, manutenzione dell’esistente zero, meccanismi di partecipazione ai progetti di sviluppo del territorio inesistenti. E intanto le strade cadono a pezzi e rendono pericolosi e costosi i nostri spostamenti, i rovi e le piante invadono le carreggiate, i collegamenti tra i comuni del comprensorio sono scarsi e nella stagione estiva si riducono (vedi la corsa mattutina da Castelbuono a Isnello che si interrompe con la fine della scuola), mentre i tempi di attesa delle ambulanze sono indefiniti. In Africa dicono che Dio non ha fretta. Tutto arriva per chi sa aspettare.

E adesso come se non bastasse, con l’ultima vicenda del telescopio Fly Eye il potere ha buttato giù la maschera. Il Governo ha dichiarato l’opera di interesse strategico per la nazione e quindi si può costruire e cementificare su Monte Mufara, in barba a qualunque legge sui parchi e sulle aree protette. Da un certo punto di vista, questa “vittoria” eticamente equivale a un “condono”, diciamo una sorta di “condono preventivo”, dato che l’autorizzazione a costruire ci sarà in sfregio alle regole che valgono per tutti, in sfregio all’ambiente e alle generazioni future.

A proposito, avete memoria di progetti di interesse strategico per la nazione che non siano fatti in nome di interessi per la Difesa, cioè di interessi collegati agli asset militari? Anche il MUOS di Niscemi, la base della marina militare americana nel sud est della Sicilia con radar potentissimi ha avuto più o meno lo stesso “percorso strategico” di approvazione. Certo, le similitudini non confermano nulla, ma non si può escludere che ci sia più di quanto ci raccontano. 

Rimane comunque una vittoria della scienza, che tutti i comuni madoniti hanno supportato con il massimo impegno, scrivendo comunicati congiunti, cercando incontri alla Regione e al Ministero, sforzandosi in ogni modo per far sì che l’eccezione prevalesse sulla regola.

E del resto gli scienziati e i cultori delle scienze astronomiche non mancano di certo all’interno delle amministrazioni madonite e a loro vanno i più stellari complimenti. “Il Fly Eye si deve fare, è indispensabile per il territorio”, ripetevano come un mantra. È singolare il fatto che su una ventina e passa di comuni che hanno sottoscritto appelli per il Fly Eye, solo in tre abbiano in questi anni aderito al Gal Hassin come soci. Solo Castelbuono, Collesano e Petralia Sottana, oltre che Isnello a cui appartengono le strutture e che ha messo su la Fondazione. Il loro amore per la scienza non vale quando ci sono da pagare mille euro o poco più? Credono che l’amore per la scienza non meriti una spesa che normalmente si affronta per la sagra della salsiccia ballerina?

In ogni caso, il Gal Hassin, struttura scientifica dal glorioso futuro nata nel 2016, che finora ha sofferto per mancanza di fondi tanto da fare ripetuti appelli alle istituzioni regionali e nazionali, può tirare un sospiro di sollievo. Le ristrettezze economiche potrebbero alleviarsi, come emerso anche nella riunione del Consiglio del Parco delle Madonie del 22 aprile 2002 (https://scomunicazione.wordpress.com/2022/04/24/quale-progetto-per-monte-mufara-lettera-aperta-al-sindaco-di-isnello-marcello-catanzaro/). La scommessa è vinta, la scienza ci salverà o si salverà, a seconda del punto di vista. E chi può dirsi contrario alla scienza? Certo, sarebbe bello se una struttura scientifica tanto all’avanguardia come il Gal Hassin non dovesse più soffrire di crisi legate al denaro e alla programmazione, se la gestione fosse affidata all’Università, o ad un istituto nazionale o europeo di ricerca. Al momento infatti, è controllato (tre dei cinque membri del CdA sono nominati dal Consiglio comunale di Isnello) e sostenuto, per quel poco che si può, anche economicamente con i pochi fondi a disposizione nelle casse di un piccolo comune di poco più di mille abitanti. Potete immaginare le competenze di un consigliere comunale, nessuno escluso, nello scegliere i membri del CdA di un ente dalla missione tanto delicata.

Intanto, fra le tante cose non dette dagli amanti della scienza, c’è il discorso sul “vile denaro”. Questo progetto infatti costerà circa 20 milioni di euro nelle previsioni, soldi dell’Esa per intenderci. Che fa li dovevamo perdere? L’Esa, per chi ha un po’ di memoria, a marzo aveva dichiarato che se entro un paio di mesi non si sbloccava l’iter per Monte Mufara, sarebbe andata alle Canarie dove ancora stanno aspettando che arrivi il mese di giugno.

Ma cerchiamo di essere elastici così se la montagna ci sente comincia a stiracchiarsi, del resto la sua cima dovrà essere livellata per ospitare una bella colata di cemento di 840 metri quadri (di cui 480 coperti e 360 di piazzale) per un’altezza che sfiora i 14 metri. E vogliamo parlare dei consumi? Più o meno equivalenti al consumo standard di quasi 900 famiglie (più di 2300 MWh annui). È come se collocassimo un intero paese in cima alla montagna. Del resto se la faggeta sarà incompatibile con il microclima che si creerà sulla Mufara potremo sempre piantare delle palme. Chissà quanti turisti, una piccola California.

E grazie alla scienza, non rischieremo più di essere investiti dai detriti spaziali, che la munnizza è un problema anche nell’universo. Per quella lungo le strade, ci stiamo attrezzando. Intanto fate attenzione a non essere investiti da un cinghiale. Dovrebbe diventare la mascotte del Parco delle Madonie il cinghiale, l’esempio più lampante di come una programmazione accurata sia destinata a raccogliere risultati eccellenti. Tutto sotto controllo. Cinghiali e daini li faremo pascolare sulla luna. Basta guardare le stelle e i piccoli problemi di noi umani sembrano sparire. Cosa volete che siano le Madonie di fronte ai Bastioni di Orione? Quisquiglie!

Vi piace la prospettiva? Saremo tutti più ricchi, quindi tanto vale che il Parco delle Madonie venga soppresso e considerato inutile e antistorico. Ricordatevene fra dieci o venti anni quando nessuno si assumerà la paternità di quello che sta accadendo oggi e magari la natura chiederà il conto.

Gianpiero Caldarella, con la collaborazione di Pino Di Gesaro e Filippo Alfonso

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Quale progetto per Monte Mufara? Lettera aperta al Sindaco di Isnello, Marcello Catanzaro

Caro Sindaco, dopo aver letto un suo post su Facebook (https://fb.watch/cBktZhjURK/) in merito al “Progetto di realizzazione dell’Osservatorio Astronomico dell’ESA (Agenzia Spaziale Europea) SSA P3-NEO-VIB – FLY – EYE TELESCOPE”, sono sempre più convinto che sintetizzare vada bene, ma semplificare eccessivamente rischia di confondere quanti cercano di capire meglio qual è il progetto per Monte Mufara e quali sono le posizioni espresse all’interno del Consiglio dell’Ente Parco delle Madonie del 22 aprile.

Anzitutto, esprimerei un apprezzamento per il Presidente Angelo Merlino, che con intelligenza e senza preconcetti si è messo in una posizione di ascolto rispetto alle varie voci, istituzionali e non, che si sono alternate in quel consiglio. Lo stesso apprezzamento va ai sindaci e agli assessori dei vari Comuni presenti, che comunque non rappresentavano la totalità delle comunità madonite ma circa i due terzi. A parte lei, che ha proposto l’ordine del giorno di cui parla, solo il Presidente della Fondazione Gal Hassin e l’Amministratore unico di So.Svi.Ma. Alessandro Ficile, che sono intervenuti nella discussione, avrebbero accettato di buon grado il progetto così com’è.

Vero è che da tutte le posizioni, anche dal pubblico è emerso il sostegno al progetto di realizzare un osservatorio dell’E.S.A. a Monte Mufara, ma quando si è parlato di QUESTO PROGETTO, da tutti gli altri interventi, istituzionali e non, mi sembra di aver capito che, con diversi livelli di criticità, è emersa la necessità di verificare con attenzione come si possa ridurre al minimo il consumo di suolo necessario alla realizzazione dell’osservatorio.

Ma cosa prevede questo progetto? Uso qui le sue parole per farlo capire a chi legge: “l’edificio si comporrà di tre corpi principali, un corpo centrale che ospiterà il telescopio e la cupola, un’ala tecnica posta a sud est in adiacenza al corpo centrale presso la quale sarà installata tutta la strumentazione tecnica al servizio della cupola e un’altra ala posta a nord ovest, sempre adiacente al corpo centrale, che ospiterà il centro di elaborazione dati e anche tutta una parte dedicata al personale tecnico che lì dovrà operare. La struttura nel suo complesso si svilupperà su due livelli e soltanto il corpo centrale includerà un secondo piano. Il volume (sic) complessivo è di 840 mq di 480 coperti e 360 destinati al piazzale. L’accesso alla struttura avverrà tramite una piccola strada sterrata di circa 120 metri e larga appena 3,6 metri con un dislivello di 18 metri e una pendenza del 15%.”

Stiamo parlando di 840 metri quadri in cima a Monte Mufara, con un’altezza massima della costruzione che supera i 13 metri. Di questo stiamo parlando.

Bene, detto ciò, la sua posizione, da Sindaco di Isnello, è stata quella di calare nel consiglio questa nota subito dopo l’intervento iniziale del Presidente del Gal Hassin e ha concluso con queste parole: “con questo ordine del giorno io sostanzialmente pongo alla decisione di questo consiglio questo tema e chiedo che venga condiviso e che politicamente venga sostenuto perché adesso serve esprimere chiaramente la volontà o meno di continuare in questa strada e sostenere questo progetto.”

A questo punto non c’è stata una standing ovation ma l’intervento, forse il più duro della giornata, del sindaco di Petralia Sottana, Leonardo Neglia, che ha posto una questione di metodo e di trasparenza, non solo verso le ignare comunità locali, ma anche verso i sindaci dei comuni sul cui territorio ricade il progetto e che sembra non siano stati proprio entusiasti di quanto sia stato possibile per loro partecipare, essere convolti nella ideazione e realizzazione di QUESTO PROGETTO.

Le mie valutazioni servono a poco, ma quanti oramai da tempo si limitano ad applaudire ad ogni annuncio che viene fatto e a contestare chi dal basso pone qualche domanda e solleva qualche dubbio additandoli come “il partito del no”, è bene che leggano questo intervento e si facciano un’idea di come sono andate le cose e di come stanno le cose.

Il sindaco di Petralia Sottana, Leonardo Neglia, intervenuto subito dopo di lei ha detto: “io ho dato un’occhiata all’ordine del giorno proposto dal sindaco di Isnello e dico che esprimo la mia non condivisione rispetto all’ordine del giorno, che non significa -e voglio precisarlo- di non condivisione rispetto alla realizzazione dell’osservatorio astronomico dell’E.S.A. Condivido l’analisi fatta dal Presidente di Gal Hassin e come ricordava anche il Sindaco di Isnello, noi siamo uno dei pochi comuni delle Madonie ad aver creduto al Gal Hassin ed essere stati soci e ad aver creduto e credere ancora alla realizzazione del telescopio Fly- Eye, tanto da aver da subito approvato il comodato d’uso per quanto riguarda i terreni che abbiamo in comproprietà con i comuni di Bompietro, Castellana Sicula e Petralia Soprana, che abbiamo subito messo a disposizione per la realizzazione di questo telescopio importantissimo. Dico di più, io personalmente anche con una nota formale, avevo messo a disposizione della Fondazione Gal Hassin anche un nostro immobile comunale, “Il Grifone”, che si trova a Piano Battaglia, funzionante, anche dal punto di vista energetico efficientato, dotato di energia rinnovabile. L’avevo messo a disposizione perché questo diventasse una base per servire sia il telescopio di Isnello, sia il telescopio dell’E.S.A., ma che possa essere anche un punto di riferimento anche per tutti quegli appassionati di astronomia e a tutti quelli che vogliono avvicinarsi a questa affascinante branca della ricerca, considerato che si trova veramente a poca distanza dal telescopio. L’intento era quello da un lato di valorizzare ulteriormente questo immobile e con esso anche il comprensorio e il sito di Piano Battaglia, dall’altro c’era un riferimento a quello che è secondo me -al di là della questione dell’impatto visivo- è un principio che dovrebbe guidare il nostro agire amministrativo e cioè quello di evitare quanto più possibile il consumo di suolo. Quindi, il fatto di mettere a disposizione un edificio esistente, aveva anche questa funzione. Avevamo fatto anche un sopralluogo con il presidente della Fondazione Gal Hassin, avevo mandato le planimetrie per capire come all’interno di quest’immobile si poteva anche pensare a qualcosa che fosse anche funzionale al telescopio. Ecco, questo è uno dei primi motivi che mi hanno, come dire, indisposto, rispetto a un metodo, una procedura che io ho ritenuto non proprio impeccabile, tant’è che poi ha prodotto anche una situazione in cui non mi volevo e non mi voglio trovare. Uno scontro, questa è una delle cose su cui bisognava stare attenti e ci doveva essere uno sforzo per evitarlo. È chiaro che le cose umane sono tante e complesse che a volte gli scontri si generano, però, da parte delle istituzioni, ci deve essere un tentativo per evitare che tutto si risolva in chi è pro e chi è contro, ci deve essere una sintesi delle varie posizioni. In tal senso ringrazio il presidente per aver dichiarato il recupero di un metodo, una procedura che è importantissima e questo potrebbe essere già la partenza per tentare di ricomporre quantomeno un dialogo che francamente sui social non mi ha appassionato e al quale non ho partecipato né intendo farlo. 

È quindi una questione di metodo e per quanto riguarda il comune di Petralia Sottana, nel cui territorio ricade la struttura da realizzare; c’è stata una scortesia istituzionale. Avrei gradito, anche coinvolgendo i proprietari del terreno (Castellana, Bompietro e Petralia Soprana) che, Pino (ndr: rivolto a Pino Mogavero, presidente della Fondazione Gal Hassin), chi ne ha la titolarità istituzionale, quantomeno organizzasse un incontro con i soggetti, come il Comune di Petralia o il Parco, per spiegare il progetto…”

A questo punto interviene il Presidente della Fondazione Gal Hassin, Pino Mogavero e inizia un botta e risposta.

Mogavero“Ma l’abbiamo fatto, l’abbiamo fatto. Lo abbiamo presentato (ndr: si riferisce all’evento Gal Hassin del 29 agosto 2021) e invitato tutti i sindaci. Io ho invitato tutti. Se non sei venuto non è colpa mia”.

Neglia“Va bene, allora, se non sono venuto, però, Pino, allora è inutile che mi chiedete il parere”.

Mogavero“Io ti chiedo pareri? Io non ti chiedo niente”.

Neglia“È inutile che mi si chieda il parere come Comune a questo punto. Io sto parlando di cortesia istituzionale”.

Mogavero“Quando tu mi dici che hai messo a disposizione i locali, la prima volta mi hai detto: ‘Presidente, qua è tutto libero…”

Neglia“Presidente, io vorrei parlare…”

Mogavero“Però devi dire le come stanno”

Neglia“Io sto dicendo le come stanno. Io avrei gradito perché potevo chiedere direttamente ai tecnici che stanno redigendo il progetto se potevamo anche limitare il consumo di suolo che è stato previsto in questo progetto. È mia facoltà chiederlo? Dal punto di vista della presentazione io sono assolutamente d’accordo sul fatto che si realizzi il telescopio a Monte Mufara, però consentimi, e penso che qualunque sindaco, e tu lo sei stato sindaco, richiede anche rispetto, che nel proprio territorio venga anche coinvolto nella definizione del progetto e anche nella ideazione del progetto e anche nella proposizione di dubbi che ogni Sindaco può avere rispetto a qualcosa che si realizza. Quindi, secondo me, è legittimo da parte mia anche essere stato indispettito da una procedura che non mi ha coinvolto completamente, ma non in quanto Leonardo Neglia, ma in quanto Sindaco del Comune dove va alloggiato il telescopio. In breve, io non posso condividere il progetto di realizzazione dell’osservatorio, che è cosa diversa dal condividere il fatto che l’osservatorio è bene che si faccia, perché dal punto di vista scientifico, della ricerca, turistico e promozionale del territorio ha una grandissima validità, ma io quest’ordine del giorno non lo condivido e vorrei che fosse messo a verbale.”

Mi scuso con i lettori e con il sindaco di Isnello, Marcello Catanzaro, se non sono riuscito ad essere sintetico ma da quel consiglio dell’Ente Parco delle Madonie sono venuti fuori tanti interventi di grande interesse, alcuni dei quali credo che andrebbero approfonditi e trattati in un successivo pezzo. 

In pratica, il momento di stappare lo champagne non è ancora arrivato.

Gianpiero Caldarella

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Una spremuta di acqua intelligente/3

Inchiesta-“cuntu” sulla rivoluzione in atto nel settore idrico in molti comuni delle Madonie e del Palermitano – Cap. 3

I CASI PARTICOLARI E IL DUBBIO: UNA SCELTA VERAMENTE CONVENIENTE?

segue da: https://scomunicazione.wordpress.com/2021/06/14/571/(si apre in una nuova scheda)

Ci siamo chiesti come mai i comuni di Gangi, Pollina e Gratteri non abbiano aderito all’accordo quadro dal momento che, per come è stata dipinta la faccenda, sembra un percorso conveniente per tutti. 

Il sindaco di Gangi, Francesco Paolo Migliazzo, sentito a fine marzo, ci dice che “dipende dal fatto che noi avevamo già acquistato i contatori e quindi non era il caso. Abbiamo investito diverse centinaia di migliaia di euro qualche anno fa, non ero sindaco io e quindi i contatori sono a norma. Avevamo una minima parte non a norma ma li abbiamo acquistati e li stiamo sostituendo, quindi ovviamente non abbiamo aderito. Sa, stiamo parlando sempre di denaro pubblico. L’unica differenza è che i nostri contatori non hanno il telecontrollo. Ce ne faremo una ragione e andiamo a rilevare la lettura con un impiegato”.

Il sindaco di Gangi, Francesco Paolo Migliazzo

Tutto chiaro, i contatori per legge vanno sottoposti a revisione o sostituzione ogni dieci anni e il comune di Gangi li ha già sostituti da poco. Nessuna legge tra l’altro impone dei contatori smart.

Un po’ più interessante è il caso del Comune di Pollina, contattato telefonicamente a fine marzo. L’assessore Salvatore Gaglianello in merito ai motivi che hanno portato a non sottoscrivere l’accordo quadro risponde: “proprio pochi minuti fa ho parlato con il nostro assessore, Scialabba, che è assessore al comune di Pollina ed è anche assessore all’Unione dei Comuni, il quale mi ha detto di parlare con Sosvima, con Ficile, per capire, perché qui noi non ne sappiamo niente. Non ne sappiamo niente, perché, diciamo, questa rinuncia è stata fatta dalla precedente amministrazione, in quanto noi ci siamo insediati ad ottobre (ndr: 2020) e la cosa è una cosa vecchia che noi abbiamo saputo quando lei ha chiamato il sindaco Musotto (ndr: un paio di giorni prima avevamo scambiato due battute col sindaco Musotto che ci aveva rimandato all’assessore), perché altrimenti non ne sapevamo niente di questa cosa. Stiamo cercando di capire per quali motivi, perché la precedente amministrazione non ha aderito a questo progetto (…) anche perché non le nascondo che io mi occupo anche di tutto l’idrico a Pollina e avere i contatori con l’autolettura per noi sarebbe importante”.

A spiegare meglio le ragioni di questa “assenza”, ci pensa ancora una volta l’amministratore unico di Sosvima, Alessandro Ficile: “per quanto riguarda Pollina questo percorso di assistenza tecnica è partito con l’amministrazione Culotta la quale non si è sentita. Eravamo all’inizio del 2020, le elezioni dovevano essere a maggio, poi come lei sa la pandemia ha spostato il termine e alla fine si è arrivati ad ottobre. Quindi diciamo, fra gennaio e febbraio, quando tutti gli altri comuni hanno richiesto il nostro supporto tecnico, lei ha ritenuto opportuno di -come dire- non farlo anche per non mettere di fronte a un fatto compiuto, a una scelta del genere, la nuova amministrazione che si sarebbe insediata da lì a poco e che invece poi per altri motivi, le elezioni sono slittate e sono state portate ad ottobre. Quindi il motivo è di opportunità, di scelta, di visione, perché il comune di Pollina rientrava tra i comuni che in una prima fase abbiamo seguito”.   

Questo spaccato di conversazione d’un tratto inserisce un altro attore nel nostro racconto e cioè la politica. Il fatto che aderire o meno a questo accordo quadro, al di là dei tecnicismi e dei vantaggi e delle incertezze sulle scelte ancora da prendere, sia anzitutto il frutto “di una scelta, di una visione”, non lascia adito a dubbi. Si tratta indubbiamente di un atto politico, qualcosa di più di un atto dovuto, per dirla in breve. Inoltre, secondo la ricostruzione di Ficile, la delicatezza con cui l’ex sindaco Magda Culotta tratta l’amministrazione che seguirà, non meritevole di essere messa “di fronte a un fatto compiuto”, stride con il basso profilo tenuto da tutti o quasi gli enti coinvolti in questa faccenda in merito alla comunicazione e alle informazioni che potevano essere veicolate alle decine di migliaia di cittadini coinvolti dalle trasformazioni in atto nel settore dell’acqua. Per dirla con le parole, tra l’altro già citate, di uno dei sindaci coinvolti nell’accordo quadro: “attendevamo solo la conclusione del procedimento”. In altre parole, il fatto compiuto.

Dopo Gangi e Pollina, l’ultimo “caso particolare” da prendere in rassegna è quello del Comune di Gratteri. Riusciamo a contattare telefonicamente a fine marzo l’assessore Nico Cirrito a cui chiediamo come mai il Comune di Gratteri non ha aderito all’accordo quadro e la sua risposta è illuminante: “noi abbiamo fatto, diciamo, un’indagine di mercato, abbiamo chiamato direttamente Hitron e il fornitore di Hitron è Immedia che ci ha fatto uno sconto che a nostro avviso è più vantaggioso, ma forse è meglio che parli con l’ufficio tecnico che ha i dati per fare la fornitura diretta, risparmiando un bel po’ di soldi, penso. Siccome il nostro è un comune modesto, abbiamo acquistato un contatore che mediante la lettura pro-scan, noi passando per le strade del paese mediante questo sistema riusciamo ad avere una lettura immediata a differenza, penso, di altri contatori che andrebbero a fornire il dato direttamente alla centrale, praticamente in comune”.

Rosso fisso

Le sveglie furono le prime a scomparire.

Per i primi tempi si continuarono ad usare quelle a carica manuale, perché le abitudini sono difficili da eliminare, anche se sono inutili. Poi furono portate in soffitta o riempite di pepe, rigorosamente verde. Nessuna macchina timbra cartellino era più funzionante nell’intero Paese. Del resto, per fare il suo lavoro, quella macchinetta doveva stare attaccata alla corrente e di energia elettrica non ce n’era più da quando era finito il petrolio.

Le giornate cominciavano col cinguettio degli pterodattilografi, lavoratori un tempo alienati ed oggi felici, che avevano trasformato le loro vecchie macchine da scrivere in morbidi carillon. Ogni tasto era una nota, e i migliori compositori lubrificavano i loro strumenti con erba di vento e piume di oca nomade. Però le oche, per quanto nomadi, non amavano frequentare i centri storici delle città, e anche l’erba di vento amava crescere nelle periferie. Pertanto le case migliori, le più ricercate, si trovavano a confine con la campagna. Lì gli pterodattilografi davano il meglio di sé.

Cominciare bene la giornata era una ricchezza, uno status symbol, più o meno come decenni prima lo erano i Suv o le telecamere HD. Intanto i Suv erano diventati delle colorate cabine doccia per bambini. I più blasonati ed ingombranti invece diventarono orinatoi pubblici per signora con serbatoio filtrante e marmitte in bambù che riversavano l’acqua sui gelsomini che intanto avevano preso il posto delle strisce pedonali. Anche le telecamere che stavano per le strade, davanti alle banche o ai negozi, non erano più riconoscibili. Erano diventate fioriere e grandi vasi per la vite americana, l’unico mito resistito all’abbandono della filosofia a stelle e strisce.IlMale_15.pdf

Al massimo si lavorava due o tre ore al giorno, non c’era più bisogno di produrre merci che non interessavano più nessuno.

Niente smartphone e social network, tanto ci si incontrava nei soliti posti e poi, se proprio serviva un aiuto, 400 mila allevatori di piccioni viaggiatori avevano sostituito quattro gestori di compagnie telefoniche. Continua a leggere

Tempa Rossa e la Primula Rossa. Affinità e divergenze fra Matteo Renzi e Matteo Messina Denaro.

“Quello di Tempa Rossa è un provvedimento giusto, vorrei che fosse chiaro agli italiani, perché porta posti di lavoro al sud”. Lo dice Matteo Renzi. Ragionamento semplice, liscio liscio, avrebbe potuto farlo anche Matteo Messina Denaro. In fondo anche lui da decenni porta posti di lavoro al sud. Ma a che prezzo? Priolo, Gela o Taranto meritavano questo modello di sviluppo? I disastri ambientali sono inevitabili come i disastri nella gestione dei beni confiscati?

Matteo-Messina-DenaroPerché, con tutta l’esperienza dei decenni passati, si insiste col martoriare il sud? Al ganzo Matteo non gli garberebbe una bella raffineria di petrolio vicino Firenze? Se il sud va sempre più a fondo è anche perché le aziende confiscate alla mafia non si bonificano, si lasciano marcire. Esattamente come i territori impestati da questi modelli di sviluppo cancerogeni.

Gianpiero Caldarella

PD, Pozzi Democratici e scarti della politica

Un altro ministro se ne va ma il governo non ha ancora toccato il fondo. Dal fondo del pozzo, che magari sarà pure un Pozzo Democratico, esce fuori una gran puzza. Da tempo il partito più trendy d’Italia ha iniziato a scavare e di tanto in tanto l’opinione pubblica riesce a intravedere qualche lobby, effetto collaterale di una trivellazione mal riuscita, di una procura troppo solerte, di un giornalista non ancora imbavagliato.

La base del partito sembra essere sempre più ridotta, come se si vergognasse a manifestarsi, il che ricorda i tempi d’oro del Berlusca, quando in tanti lo votavano ma in pochi avevano il coraggio di ammetterlo. E allora, per capire qualcosa di questa politica, non bisogna guardare l’orizzonte ma occorre scrutare gli abissi, il fondo di questa democrazia formale e pararappresentativa.

trivelle-675Tutti noi dovremmo sapere che non è possibile estrarre petrolio senza generare scarti di lavorazione che poi, specie se non trattati, vanno ad inquinare l’ambiente. Allo stesso modo, avremmo dovuto imparare da tempo che in Italia non è possibile amministrare la cosa pubblica senza generare tanti di quegli scarti della politica che alla fine bonificare l’ambiente da mazzette, corruzione, mafie e familismo sarà un’impresa impossibile o quantomeno disperata.

E allora, cari partiti di governo presenti e passati, visto che si avvicina il referendum e avete tanta voglia di trivellare, cominciate col trivellarvi la coscienza, piuttosto che rompere la palle parlando di coscienza e di libertà ogni volta che volete limitare le libertà dei singoli e delle minoranze. Altro che rispolverare la questione morale, sarebbe quello il vero giacimento da scoprire in Italia.

Saremmo tutti quanti un po’ più ricchi, e non solo economicamente.

Altro che petrolio!

Gianpiero Caldarella

La vie en green (pas rose)

Un presente fluorescente è l’anticamera di un futuro daltonico. O per dirla papale papale, se tutto è sfacciatamente verde, saremo condannati a non riconoscere più questo colore. Dove sono finite le auto inquinanti, la frutta chimica, gli indumenti decolorati, le plastiche ingombranti e tutti quegli oggetti e quelle abitudini che ci rendevano fieri di essere consumatori? E’ come se fossero spariti, inghiottiti da una religione che non ammette eresie. Qualunque prodotto venga pubblicizzato e messo in commercio, pure lo spazzolone del cesso, viene esaltato dal suo essere rispettoso dell’ambiente. Il bollino verde ha fottuto in curva quello blu della banana Chiquita. In effetti tira più un pelo di verde che una carrettata di buoi. Se poi il verde diventa green, allora anche il mondo si allarga trasformando il pianeta in un immenso campo da golf. Ha dda venì il grande green.

E noi nutriamo la speranza che i nostri gesti facciano la differenza, ma se la differenziata non decolla è sempre colpa del nostro vicino di casa, di strada, di città, di regione o di continente. La colpa è di chi abita allo Zen o a Napoli o in Cina. Non nostra, noi siamo differenziati, noi siamo la speranza, il verde che si espande a macchia d’olio continuando a consumare sempre di più. Però noi differenziamo. E se un giorno diverremo veramente daltonici, avremo comunque un vantaggio. Non vedremo più i sorci verdi.

Gianpiero Caldarella